Sir William Henri Fox Talbot fu uno dei precursori della fotografia moderna con le invenzioni della carta salata e del calotipo che portarono anche a quella del processo negativo-positivo.
Nato nell’800 in Inghilterra, chimico di mestiere, si cimentò nella ricerca di un metodo per fissare l’immagine prodotta da una “camera lucida” (la camera obscura rinominata “lucida” da William Hyde Wollaston nel 1807) su un materiale fotosensibile. Lo scoprì, e la fotografia si affacciò ad un’era di sviluppo e innovazione.
Come nasce la parola fotografia
Fox Talbot è oggi definito “fotografo”. Ma la parola “fotografia” non era ancora stata coniata ai tempi della sua attività. Anzi, lo era, ma ancora non l’aveva sentita quasi nessuno.
Fu Antoine Hercules Florence che la usò per la prima volta in uno dei suoi studi.
Ma nel 1839 Sir John Herschel, lo scopritore del fissaggio, che vedremo più avanti, la usò davanti alla Royal Society per descrivere un procedimento di registrazione dell’immagine prodotta con la camera lucida a cui stava lavorando (lo pubblicherà nel 1842 e lo chiamerà cianotipia).
Florence lo seppe. Scrisse una accorata lettera che inviò all’Académie des Sciences di Parigi per ottenere il giusto riconoscimento, ma non ottenne risposta. Florence e i suoi metodi caddero nel dimenticatoio, almeno fino ad oggi.
Il “dagherrotipo” di Louis Daguerre viene presentato nel 1839
Nel 1839 François Arago presentò il metodo di Louis Daguerre, il dagherrotipo, davanti all’Académie des Sciences di Parigi. Ormai il procedimento era consolidato e Daguerre era sicuro del suo successo. Così fu.
Il dagherrotipo consisteva nell’esporre una lastra argentata con una camera lucida. La lastra era preventivamente trattata con vapori di iodio, per renderla sensibile alla luce. L’immagine si esponeva con tempi lunghissimi, da circa quindici minuti fino ad un’ora. Il soggetto doveva stare fermissimo. Si utilizzavano speciali reggi-testa per aiutare le persone a restare immobili.
La lastra veniva sviluppata con vapori di mercurio. La “fotografia” finita si poteva vedere muovendo la lastra con una certa angolazione alla luce, un po’ come avviene con gli ologrammi oggi.
Il metodo di Daguerre ottenne immediato successo. Il pubblico cominciò a chiedere il ritratto su dagherrotipo invece che il classico dipinto. Daguerre divenne subito famoso e l’Accademia di Francia gli conferì un vitalizio per il lustro che questa scoperta portò a tutta la nazione.
William Henri Fox Talbot è costretto ad accelerare la presentazione della sua carta salata
William Henri Fox Talbot non aveva ancora perfezionato il suo metodo ma decise di spingere la sua presentazione per non perdere terreno davanti a Daguerre. Così presentò la sua invenzione, la carta salata, alla Royal Society di Londra anch’egli nel 1839, pochi mesi dopo Arago.
Ma alla carta salata ci arrivò per gradi. Il primo fu la scoperta delle proprietà del nitrato d’argento da parte di Heinrich Schulze.
Johann Heinrich Schulze e la scoperta della fotosensibilità nitrato d’argento
Circa un secolo prima del tempo di Niépce, Heinrich Schulze scoprì le proprietà fotosensibili del nitrato d’argento. Anch’egli chimico, Johann Heinrich Schulze scoprì per caso che il nitrato d’argento si anneriva spontaneamente se esposto alla luce.
Sarà capitato a tutti quei fotografi di oggi che, come me, abbiano avuto a che fare con soluzioni di rinforzo fisico per dare più corpo a certi negativi sottosviluppati. La soluzione di nitrato d’argento va preparata al momento. Una volta finito il tempo del rinforzo, la pellicola va fissata nuovamente, poi lavata, asciugata, e così via. Càpita che la soluzione resti nel recipiente esposto alla luce del sole che eventualmente entra nel laboratorio. Il recipiente si annerisce per via del precipitato di ossido d’argento che si forma per reazione spontanea con la luce e il nitrato. Ecco, la stessa cosa dovrebbe essere accaduta a Schulze.
La reazione di ossido-riduzione dell’argento
La reazione chimica responsabile dell’annerimento del nitrato d’argento avviene con la luce solare. In particolare con la componente ultravioletta della luce. I raggi UV sono in grado di ossidare il nitrato d’argento. Con l’ossidazione l’argento si separa dallo ione nitrato e si attacca all’ossigeno presente nell’aria o disciolto nell’acqua della soluzione. Poi l’ossido di argento, che è nero, precipita e si attacca dovunque càpiti.
Questa reazione chimica è anche chiamata ad “annerimento diretto” (nel linguaggio tecnico fotografico) perché non richiede l’utilizzo di agenti sviluppanti o rivelatori, che servono proprio ad accelerare le ossidazioni.
Gli esperimenti di Schultze con i disegni a contatto
In seguito a queste scoperte, Schulze fece degli esperimenti con dei disegni su carta. Dopo aver steso una soluzione di nitrato d’argento su alcuni fogli di carta bianca, ci adagiava i disegni, a contatto, magari sotto una lastra di vetro per pressarli bene. Messo il torchietto sotto il sole, sul foglio trattato con nitrato d’argento appariva piano piano il contorno del disegno soprastante, ovviamente in negativo.
Per quanto bella, la scoperta non era durevole. Tutti i fogli piano piano diventavano neri in pochi minuti successivi all’esposizione. L’immagine non era stabile. Ancora non era stato scoperto il fissaggio…
William Henri Fox Talbot sulle tracce di Schulze
Circa un secolo più tardi William Henry Fox Talbot ricominciò a lavorare sugli esperimenti di Schulze. Anche lui scelse di tentare la via dell’ossido di argento.
Fox Talbot studiava le applicazioni dei composti dell’argento con certi alogenuri. Non solo nitrato, quindi, ma anche cloruro, ioduro, bromuro. Questi elementi sono chiamati fotosensibili, perché reagiscono con la luce. Il loro legame con l’argento si spezza facilmente. Perciò riescono a liberarlo per renderlo disponibile ad associarsi con l’ossigeno, e il gioco è fatto. Lo fanno ossidare, cioè diventare nero.
A Fox Talbot bastava trovare una combinazione di composti, di quantità e di metodo per arrivare a creare immagini con la camera lucida.
Provò con tutti i composti dell’argento. Col cloruro ottenne i risultati più soddisfacenti.
L’invenzione della carta salata e il processo negativo-positivo
Il cloruro d’argento si ottiene miscelando il comune sale da cucina (da qui il nome “carta salata”) cioè il cloruro di sodio, con il nitrato d’argento.
Siamo nel 1834 circa. Fox Talbot scelse di usare la carta come supporto, invece che tavolette di legno come Niépce o lastre di rame argentato come Daguerre.
Preparò una soluzione di sale da cucina (cloruro di sodio) e ci immerse il foglio, per farlo diventare “salato”, da cui il nome alla tecnica. Dopo asciugato, gli ripassò sopra con un pennello una soluzione di nitrato d’argento. Per reazione chimica, sul foglio si formò cloruro d’argento.
A questo punto il foglio di carta era stato sensibilizzato, ovvero era pronto per l’esposizione alla luce del sole. Ci mise sopra una foglia e mise il tutto sotto la luce del sole, sul davanzale della finestra. Dopo pochi minuti il foglio cominciò a diventare nero, tutto intorno alla foglia.
Quando Fox Talbot tolse la foglia, scoprì che questa aveva lasciato l’immagine in negativo delle proprie fibre, del contorno e delle nervature (la parola “negativo”, come quella “positivo”, fu coniata da John Herschel, lo stesso che coniò “photography”).
Ma fino a qui non era una sorpresa. Il lavoro “in negativo” era stato già stato ottenuto da Schulze. Anzi, anche Fox Talbot aveva lo stesso problema di Schulze, cioè che il foglio continuava ad annerirsi anche dopo l’esposizione. L’immagine non durava…
Arriva l’immagine positiva
A questo punto Fox Talbot aveva tutti gli ingredienti per iniziare una produzione di immagini su larga scala. Continuò con i suoi esperimenti usando fogliame e tutto quello che trovava fuori di casa sua.
Però l’immagine negativa non era un gran che. Allora provò a riesporre un foglio negativo sopra uno vergine ed ottenne la copia positiva. Ecco fatto. Finalmente Fox talbot aveva uno strumento da utilizzare dentro la sua camera lucida: un foglio di carta salata.

William Henri Fox Talbot, negativo e positivo su carta salata, 1834 circa.
In quel momento Fox Talbot aveva inventato allo stesso tempo un metodo per fare fotografie con la camera lucida e il procedimento negativo/positivo. Il metodo del negativo da ristampare in positivo sarà usato per più di un secolo a venire, soppiantato solo dalla fotografia digitale.
La scoperta del fissaggio di John Herschel
Se le immagini non diventavano stabili era perfettamente inutile continuare a lavorarci. Il nuovo sistema non avrebbe mai avuto successo commerciale. Per questo c’era da rendere “stabile”, cioè “fissare” il composto chimico sul grado di l’annerimento una volta raggiunto il risultato ottimale.
La soluzione al problema fu suggerita ancora una volta dal chimico e astronomo John Herschel. Egli consigliò a Fox Talbot di provare con una soluzione di iposolfito di sodio.
Herschel aveva scoperto per caso, nel 1819, che l’iposolfito era in grado di sciogliere tutto il cloruro di sodio che non aveva reagito con luce, il responsabile del progredire della reazione di annerimento.
Il metodo funzionò benissimo. Funzionò così bene che il fissaggio all’iposolfito è stato usato per tutto il secolo scorso sia dall’industria fotografica che dagli amatori. Non c’è stata alternativa, se non che, dagli anni settanta circa, all’iposolfito di sodio si è preferito quello all’ammonio per via della maggior rapidità di azione.
La ricerca della rapidità di esposizione e la nascita del calotipo
La carta salata al cloruro produce una reazione molto lenta con la luce. L’esposizione nella camera lucida richiedeva almeno un’ora di esposizione. Questo benché le camera lucida fossero provviste della classica lente biconvessa usata fin da che Girolamo Cardano la descrisse nel suo libro del 1550 “De Subtilitate” (vol. I, Libro IV).
Nel 1841 Fox Talbot insisteva nella sperimentazione di altri alogenuri. Scoprì che il composto fotosensibile diventava molto più rapido se al posto del cloruro si usavano bromuro e ioduro (lo ioduro è ancora oggi alla base delle pellicole bianconero ad alta sensibilità).
L’immagine prodotta dalla nuova composizione era talmente debole che dovette essere “sviluppata” dopo l’esposizione. Nacque quindi il procedimento di “sviluppo” del negativo. I tempi di esposizione si ridussero notevolmente.
Fox Talbot chiamò questo procedimento col termine “calotipo”, dal greco “kalos”, che significa “bello”. In seguito questo procedimento sarà anche rinominato talbotipo, proprio in suo onore.
Una cosa è certa: quel giorno era nata una tecnica che avrebbe poi portato allo sviluppo dell’intera industria fotografica per tutto il XX secolo, ovvero il processo negativo-positivo.
La stampa di copie in serie e la nascita dei giornali illustrati
La carta salata del 1839 e il calotipo del 1841 erano ancora strumenti grezzi per gli obiettivi che Fox Talbot si prefiggeva. Non erano pronti per la presentazione al pubblico. Ancora non era chiaro cosa si potesse fare con quella tecnica. Il famoso libro di Fox Talbot “The Pencil of Nature” fu pubblicato soltanto nel 1844. La calotipia, chiamata anche talbotipia, non ebbe grande successo commerciale.
Tuttavia fu fu largamente utilizzato nella nascente industria della stampa tipografica e dei giornali. Roger Fenton lo utilizzò per fotografare la guerra di Crimea. Il calotipo era un metodo molto conveniente sia per trasportare i materiali necessari fino nelle zone di guerra (si trattava in definitiva di trasportare fogli di carta e boccette con sali d’argento) sia per la facilità della sua preparazione sul campo.
Inoltre, i giornali dell’epoca avevano a disposizione un sistema pratico che permetteva di stampare quante copie si volesse a partire da un unico calotipo. La possibilità di stampare numeri illimitati di copie in carta salata da un solo originale aveva aperto le porte alla stampa fotografica commerciale. Il calotipo poteva essere riprodotto all’infinito.
Nella seconda metà del 1800 quasi tutti i fotografi impegnati in viaggi utilizzavano la tecnica del calotipo per le loro riprese. Famosissime sono le fotografie realizzate dai fotografi della Fratelli Alinari di Firenze per gli album del Grand Tour.
Tuttavia dovremo attendere il perfezionamento della gelatina ai sali d’argento e della tecnica di stesura dell’emulsione su una lastra di vetro per vedere il definitivo affermarsi di questa tecnica negativo-positivo nel panorama fotografico mondiale.